La Compagnia "Paltò Sbiancato", composta da: Viola Creti, Alessandro Laureti, Maria Laura Familiari, Alfonso Brescia, Arina Cazontova, Diana Lenoci, Ezio Provaroni, Lucy Catalano, Mary Fotia, debutterà con la commedia "Knock o il trionfo della medicina" di Jules Romains nell'adattamento di Alida Castagna, con le coreografie di Mara Palmitessa, la drammaturgia musicale di Giovana Castorina, l'assistenza alla regia di Viola Creti e la regia di Stefano Maria Palmitessa, il 18 Maggio 2022, al Teatro "Le Salette" di Roma
Protagonista di questa amara ma esilarante commedia nata dalla penna di Jules Romains è Knock, un medico con una missione speciale: renderci consapevoli che nessuno è sano fino a prova contraria.
Proprio in virtù di questa profonda convinzione, sostenuta anche da un'imponente volontà di lucrare sulla malattia, Knock, giunto nel piccolo centro di San Maurice dove ha appena rilevato la condotta medica, riesce, attraverso una sorta di terrorismo psicologico, a trasformare ogni abitante della contea in un malato. Con un'autorevolezza sconcertante egli riesce a mettere a letto tutta la popolazione tenendo conto però che bisogna fare dei turni di convalescenza per portare avanti il lavoro necessario a tenere in vita il funzionamento della comunità. Knock ha come principio la conservazione del malato: bisogna conservarlo in modo da poter arricchire il medico e i suoi complici, tra cui la sbalordita e felice farmacista che può finalmente godere di un reddito di tutto rispetto. I malati di Knock, come le mucche di un allevamento intensivo, hanno un solo compito: quello di produrre a più non posso, non carne, non latte ma… malattie. È la malattia che fa progredire il mondo. Bisogna convincere l'umanità che il virus è sempre dietro l'angolo: "La faccia rosea, l'occhietto vispo, che non ci imbroglino, che non ci imbroglino. Sotto la maschera della salute l'asintomatico ti infetta già" canta il goliardico coro presente in scena. Gli abitanti della contea, in processione, entrano sani nello studio di Knock e ne escono impauriti, malati e pronti a tutto pur di guarire. Prostrati ai piedi del medico, lo trasformano in un santone, in un guru, nell'unico grande elemento di salvezza.
E Knock se ne compiace: Guardate un po' qui! - dice a Parpalaid, il medico che gli ha venduto la condotta- Dapprincipio questo territorio sembrava non avere bisogno di me. Ma oggi in duecentocinquanta di queste case ci sono duecentocinquanta letti in cui un corpo disteso sta a testimoniare la grande importanza della medicina. Guardate quelle luci, - dice indicando le finestre dei suoi pazienti che lasciano il lumino acceso tutta la notte- il cantone sembra una specie di firmamento di cui io sono l'incessante creatore. E le campane? Esse sono la voce delle mie ricette. Fra qualche istante suoneranno le dieci e per tutti questi malati le dieci vogliono dire la seconda presa di temperatura rettale. Fra qualche istante duecentocinquanta termometri penetreranno tutti in una volta nei loro deretani. - La medicina ha trionfato, come promesso dal titolo, sì, la medicina ha vinto, ma si può dire la stessa cosa dei malati?
L'8 aprile 2022 al Teatro Elettra di Roma, Mary Fotia interpreterà il monologo "Melafaga" di Alida Castagna, Musiche di Giovanna Castorina, coreografie di Mara Palmitessa, per la regia di Stefano Maria Palmitessa.
Melafaga è la storia delle due sorelle Mary e Antonina Fotia e, di riflesso, la storia della loro famiglia.
Una storia che è anche quella della Calabria al tempo dell'immigrazione.
È la storia di un "terronismo" che fa male al cuore.
Essere calabresi in Calabria, infatti, non è la stessa cosa cosa che essere calabresi a Roma, come scoprirà la famiglia Fotia una volta giunta, si fa per dire, nella capitale.
Perché il quartiere di approdo è molto lontano dal centro e il suo aspetto è molto, ma molto lontano, da quello di un ambiente cittadino: prati e pecore, e una scuola che sembra emergere dal nulla e che si dimostra incapace di accogliere lo straniero.
Siamo a Palmarola, una Roma che non ha niente di mitico o di attraente ma che conserva comunque la puzza sotto il naso di fronte a quella famiglia così scandalosamente numerosa.
La tematica dell'emigrazione, in Melafaga, si spinge ben al dì la del fatto sociale: in Melafaga, essa si trasforma piano piano in un atto misterioso e mistico.
La vita di Antonina ha i giorni contati e mentre racconta del dolore provato nel lasciare la propria terra d'origine, si rende conto che tra poco dovrà misurarsi con un addio di ben più ampia portata: infatti non dovrà lasciare soltanto la sua terra, ma la terra intera, l'unico mondo che lei conosce, l'unico universo che le è familiare. Dovrà spostarsi, dovrà trasferirsi nel misterioso mondo che sta oltre la morte.
Presto sarà, ineluttabilmente, un'emigrata celeste. -Sarò una calabrese anche nell'aldilà?- si chiede Antonina. E Antonina se lo augura perché lei ci tiene alla sua calabrisità!
Ma soprattutto, si chiede Antonina dopo essersi ormai rassegnata alla ferrea sorte, come si fa a morire? Morire… Ecco la domanda delle domanda a cui le due sorelle tentano di rispondere. E più si interrogano sulla morte, più la vita si fa intensa, piena e prepotente. E più cresce e si fa potente e ingombrante l'amore.
Siamo in tempo di pandemia e di divieti. Mary, non si sa come, è riuscita a imporre la sua presenza accanto alla sorella morente.
Sorprendentemente le è stato dato il permesso di rimanere lì, sì, ma a patto che rimanga in quel luogo di dolore fino alla fine.
Ma il dolore e la paura non impediscono alle due sorelle di provare pietà per quei malati i cui sospiri odono al di là della porta chiusa, per quei malati costretti ad andarsene nella totale solitudine, lontani dai familiari, dagli amici, da tutto e da tutti.
Una disumanità che proprio non riescono ad accettare! -Non s'hanno a abbandunare i malati... tutta sta gente chi mori sula come a nu cani perché si ave paura du contagio...Dio meu, a unde rivammo…- urla Antonina disperata.
E tra una riflessione l'altra, Mary e Antonina rivelano a noi, e soprattutto a se stesse, che la filosofia non è materia per pochi. Che, di fronte al mistero, le domande che l'uomo si fa dalla nascita dei tempi tornano a manifestarsi e ad affascinarci.
Ciò che resta di questo viaggio che si conclude in modo assolutamente sorprendente, è un sentimento di tenerezza e di amore che ci fa alzare dalle poltrone col cuore gonfio di compassione e di vita.